GONFIAGGIO ASSISTITO DAL MOTORE

(Da Delta & Parapendio n. 172, nov/dic 2006)



La premessa a questo tipo di interessante tecnica di decollo è costituita dal fatto di disporre di un telaio perfettamente rigido. Non ha nessuna importanza se il piano elica si trovi all’interno o all’esterno, e se la gabbia sia monocerchio o doppio cerchio, la cosa fondamentale é che il cerchio esterno non si deformi sotto la pressione dei cordini. Questo ovviamente per scongiurare la possibilità che l’elica entri in contatto con gabbia o rete. Anche il motore impiegato ha la sua importanza, nel senso che l’ideale è disporre di un motore non troppo potente. Con valori di spinta entro i 50-55 kg infatti sarà più facile dosare la trazione del propulsore senza indurre reazioni troppo violente o vortici turbolenti tali da scomporre la vela durante l’alzata.
Innanzitutto: perchè aiutarsi con il motore? La spinta del motore è utile essenzialmente quando il vento scarseggia. Se correttamente sfruttata infatti può aggiungere energia alla corsa necessaria per far salire l’ala quando non saremo aiutati in questo dalla presenza di una brezza opportuna (e nemmeno dall’inclinazione del terreno come nei decolli da pendio).

Ebbene, credo che esistano due tecniche completamente diverse che si possono applicare in gonfiaggio per farsi aiutare dalla spinta del motore.

La prima è “radicale” e simile al decollo con il trike: si parte con i cordini non in tensione, facendo uno o due passi indietro, e mantenendo le braccia nella posizione di decollo si apre completamente e di colpo la manetta correndo avanti ma facendo bene attenzione a mantenere la schiena dritta. In questo modo il vortice turbolento indotto dall’elica rimane rasente al terreno e non appena l’ala si stacca da terra vi passa sopra. Al pilota in questa prima fase non rimane che farsi spingere rimanendo a schiena dritta ed accompagnando gli elevatori con le mani per bene fin sopra la testa. Il gonfiaggio quindi avviene con la sola spinta del motore. Il momento critico arriva quando la vela è quasi completamente salita: in questo frangente è meglio diminuire il gas (continuando ad avanzare) fino ad un regime tale da rendere impossibile lo stacco, per avere il tempo necessario per controllare visivamente la calotta e se del caso correggerne l’assetto, spostarsi sotto, frenarla se sta oltrepassando o, al contrario, insistere un po’ di più sulle bretelle, e solo se tutto è a posto si riporterà il gas al massimo per ottenere lo stacco. Tutto ciò sembra complesso ma in realtà dura pochi istanti ed è istintivo per un pilota con esperienza, esitare troppo significa abortire il decollo. L’importante è fare attenzione alla progressione dell’ala, ridurre motore se sta arrivando troppo veloce oppure insistere se sta salendo piano (il che dipende dalle condizioni aerologiche, dal tipo di vela e motore), correggere e magari interrompere se l’assetto è sbagliato.

L’altro metodo invece si può considerare una via di mezzo tra quello sopra esposto ed il gonfiaggio con motore al minimo. Si parte anche qui con i cordini un poco laschi e dopo aver portato il propulsore ad un regime corrispondente a circa 15-20 kg di spinta (pressapoco un terzo di manetta per un motore capace di erogare 50 kg), si procede al gonfiaggio facendo leva sugli elevatori col peso del busto in avanti. Il busto un poco inclinato, senza esagerare, è indispensabile per sviluppare la forza necessaria a sollevare l’ala, come normalmente si fa con il motore al minimo, solo che in questo caso avremo l’aiuto di altri 20 kg circa erogati dal PRM. Il trucco sta nel raddrizzare completamente la schiena non appena l’ala sia salita a sufficienza, e contemporaneamente aumentare in progressione la spinta del motore fino al massimo, in modo da procedere al decollo vero e proprio, insistendo sulle bretelle fino a quando la vela non sia in assetto e non acceleri per conto suo.
Il soffio turbolento dell’elica diretto un poco verso l’alto potrebbe in teoria disturbare la compostezza dell’ala durante l’alzata, ma ciò in pratica non avviene se il regime del motore è quello giusto, nè troppo nè poco, ed è per questo motivo che questa tecnica è molto più facile ad applicarsi, oltre che più sicura, con motori “normali”, mentre con quelli particolarmente potenti (sui 70/80 kg di spinta, da biposto per intenderci) diventa difficile dosare esattamente la forza richiesta in quanto la spinta di circa 15-20 kg che suggerisco per iniziare la manovra corrisponde in effetti ad un regime appena superiore al minimo, e nel fare leva sulle bretelle anteriori si perde sensibilità sulla manetta e si rischia di vedere l’ala alle proprie spalle accartocciarsi nel flusso del vortice turbolento.
Non è impossibile, ma certamente più difficoltoso. L’unica anomalia in ogni caso potrebbe essere una certa tendenza dell’ala a mantenere le orecchie chiuse, a seconda delle vele (la parte centrale rimane esposta al flusso dell’elica mentre le estremità si trovano al di fuori della sua influenza), ma ciò non ha conseguenze sull’esito del gonfiaggio ed anzi  sembra contribuire a mantenere la vela in asse durante l’alzata. Si può infatti dire che applicando correttamente questo sistema la sensibilità alle bave di vento laterali è inferiore che non nel gonfiaggio classico. Sarà poi sufficiente un colpetto di freni durante la presa di velocità per aprire completamente le bandelle se ancora fossero rimaste chiuse.


Potete quindi scegliere di applicare la tecnica del gonfiaggio assistito quando il vento è pigro nel modo che preferite, anche se il secondo è forse più naturale e simile al decollo classico, persino “dosabile”, sfruttando più o meno la spinta del gruppo motopropulsore, a seconda delle condizioni. In ogni caso, se la vostra gabbia è indeformabile, consiglio sempre di partire con il motore allegretto, ad un regime magari appena superiore al minimo, con qualsiasi vento, in modo da vincere fin da subito (specialmente per i principianti) la resistenza psicologica nel dare gas in anticipo sulla vela. Con la pressione delle dita sul manettino necessaria per mantenere un poco su di giri il propulsore, risulta a tutti più naturale il fatto di aumentarla progressivamente nella fase finale del gonfiaggio, di modo che la spinta del PRM contribuisca a mantenere gonfia ed in pressione l’ala e a farci avanzare evitando che ricada. In altri termini, partire con il motore già in trazione, è un buon antidoto contro le esitazioni.

Testo: Davide Tamagnini
Foto: Giovanni Menna

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