MANI IN ALTO !

TECNICHE DI PILOTAGGIO
DELLE MODERNE VELE DHV 1 E 1-2

(Intervento di Gerome Canaud all'Ozone Seminar Party tenutosi al Cornizzolo il 14 maggio 2005)


Fino a qualche anno fa, veniva insegnato ai piloti che, in caso di turbolenza, era consigliabile assumere una posizione di sicurezza con i freni trazionati all'incirca all'altezza delle orecchie del pilota. Con le vele attuali di categoria DHV 1 e 1-2, questa regola non è più valida, anzi, diventa pericolosa.
Con le vele attuali, nel caso in cui si verifichi un inconveniente di volo, la prima cosa da fare è alzare le mani per consentire alla vela di riprendere a volare. Solo dopo aver dato velocità alla vela potrete applicare quelle manovre correttive per controllare le sue reazioni.
Durante il volo, a causa della turbolenza, si possono verificare spontaneamente solo due tipi d'inconvenienti: il collasso asimmetrico oppure il collasso frontale. Non è possibile andare in poststallo, può anche accadere che una vela da competizione vada in poststallo senza azione da parte del pilota dopo un collasso frontale, ma qui stiamo parlando di vele omologate ed è molto difficile che questo accada.
Le vele sono progettate per risolvere autonomamente i collassi, i veri inconvenienti di volo sono invece il poststallo, il negativo e lo stallo paracadutale. Queste tre situazioni vengono scatenate esclusivamente da un'azione del pilota. Cioè da un'errata trazione dei freni.
Praticamente sempre, se non fate niente, non succede niente, cioè la vela riprende a volare in modo autonomo secondo le specifiche d'omologazione. Il problema nasce invece quando il pilota cerca di controllare la vela e lo fa in modo errato.
Tra le tre configurazioni che ho elencato, è difficile causare volontariamente un poststallo o un negativo, è invece facile entrare in stallo paracadutale e da lì innescare anche questi due inconvenienti.
I moderni criteri d'omologazione delle classi 1 e 1-2, limitano il beccheggio per il recupero del volo, dopo gli inconvenienti di collasso frontale e asimmetrico, a 45 gradi. Questa ridotta dinamicità ha dei vantaggi ma anche lo svantaggio di una maggiore propensione allo stallo paracadutale. Immaginiamo di subire un collasso frontale, se a quel punto trazioniamo i freni e non consentiamo alla vela di riprendere velocità, potrà accadere che la vela entri in stallo paracadutale, con un minimo di trazione aggiuntiva sarà allora possibile stallare o entrare in negativo.
Nel caso del frontale, la prima cosa da fare è dare velocità, cioè alzare le mani e solo successivamente controllare la leggera picchiata. Con le vele di 10 anni fa, eseguire la manovra dell'elicottero, che in sostanza è un negativo controllato, era impossibile, perché erano dotate di una loro naturale dinamicità che non consentiva loro di entrare in questa figura. Oggi si può farlo anche con una vela DHV1, perché le vele sono molto più stabili. Per mantenere la figura dell'elicottero una volta innescata la manovra, cioè rallentata la vela al limite dello stallo paracadutale, è sufficiente trattenere i freni all'altezza delle orecchie, proprio quella che un tempo era considerata la posizione di sicurezza. Ecco che allora, se tratteniamo i freni all'uscita da un frontale e non consentiamo alla vela di riprendere velocità, possiamo mandarla facilmente in stallo paracadutale o innescare un poststallo o un negativo.
Non è infrequente anche il caso in cui il pilota percepisca attraverso i freni una perdita di pressione nella calotta che cercherà di contrastare con una trazione simmetrica, questa manovra può servire ad evitare collassi, ma sarà fondamentale che il pilota dia pressione con un colpo di comando e successivamente rilasci i freni per dare velocità, perché trattenere i comandi significherebbe rallentare la vela. Nella pratica del parapendio bisogna prestare attenzione alle basse velocità. Viaggiare con i freni trazionati significa viaggiare a velocità bassa.
In primo luogo va detto che per dare la velocità adeguata alla vela è indispensabile non volare con giri di freno sulle mani oppure accorciare i freni.
Inoltre, generalmente nel volo si tende a caricare i freni con il solo peso delle braccia, ma talvolta anche questa trazione può essere eccessiva per una vela moderna.
Le vele escono dalla fabbrica con una lunghezza di freni ben precisa che fa parte dei parametri d'omologazione. Questa lunghezza tiene conto delle necessità di pilotaggio del mezzo in modo da consentirgli di riprendere il volo in accordo ai criteri di test.
Se, come talvolta accade, il pilota accorcia la raggiera dei freni, deve sempre garantire che la corsa dei freni abbia un 10-12 centimetri di lasco prima di trazionare il bordo d'uscita. Se poi questo pilota, magari, vola anche con un giro intorno alle mani, sta sicuramente pilotando in una condizione a rischio.
C'è poi un altro fattore di rischio sottovalutato: il cordino principale dei freni è sempre più grosso e sottoposto ad un basso carico. Per questa ragione, con il passare del tempo, è soggetto un sensibile accorciamento, che unito ai giri di freno intorno alle mani, o accorciamenti fatti dal pilota, possono influire sulla pilotabilità del mezzo indipendentemente dalla trazione applicata. Per questa ragione, è fondamentale che durante la revisione biennale i freni siano verificati e riportati alla lunghezza originale.
Per verificare se la lunghezza è corretta, basterà andare in volo a freni completamente rilasciati controllando che i cordini compiano un arco, poi si trazioneranno verificando dopo quanti centimetri (minimo 10-12) si otterrà la deformazione del bordo d'uscita. 
Il secondo controllo da effettuare sarà trazionando la barra dello speed. La maggior parte delle vele in volo accelerato tende a girare intorno agli elevatori D, ed il bordo dŒuscita tenderà ad alzarsi. A barra trazionata andrà verificato che ci sia sempre una porzione di freno libera, anche se saranno meno di 10 centimetri.
C'è anche un fattore psicologico che influisce in modo sensibile sul comportamento del pilota: quando si ha molta quota, in caso d'inconvenienti di volo, è facile pensare ed applicare l'azione di dare velocità alla vela rilasciando i freni, ma quando si è vicini al suolo, la prima cosa che si vorrebbe è di ritornare in volo nel minor tempo possibile, per questo si eseguono un sacco di manovre, anche errate, che nella nostra mente dovrebbero aiutarci a raggiungere questo scopo. Queste azioni vengono identificate con il termine di sovrapilotaggio o sovracorrezioni. Cioè una sequenza di troppe azioni consecutive e sbagliate.
E' facile comprendere come i tre fattori: freni più corti, giri sui freni e vicinanza al terreno, facciano da innesco ad una situazione di sovrapilotaggio.
Un altro aspetto fondamentale è la posizione nell'imbrago. Immaginiamo di camminare su una strada ghiacciata, nel momento in cui scivoliamo, l'istinto ci porta a mettere la mani all'indietro. In aria è la stessa cosa, se voliamo con la schiena troppo indietro, in caso d'inconveniente porteremo istintivamente le mani all'indietro con il rischio di causare delle sovracorrezioni.
Al pari dei piloti d'auto, la posizione più corretta per controllare la turbolenza è quella seduta, con i piedi incrociati e le gambe ben contro l'asse della selletta.
Il busto non dovrà essere troppo proiettato all'indietro, altrimenti assumeremmo una postura simile a quando stiamo scivolando sul ghiaccio senza controllo. I piedi incrociati e le gambe vicine, perché le nostre gambe sono pesanti e in caso di collassi, con la rotazione, il loro peso andrebbe a fare da leva sul sistema vela-pilota alterandone l'equilibrio.
In caso d'inconvenienti di volo, proprio per evitare sbilanciamenti, la prima reazione deve essere quella di raccogliere il proprio corpo. Non dimentichiamo che le nostre braccia impugnano i freni, perciò tutti pendolamenti del corpo di riflesso andranno ad influire sui comandi. Sedendo, invece, in posizione corretta e raccolta, è facile separare i movimenti del corpo da quelli dei freni. Un modo per evitare lo sbandieramento delle braccia è di raccogliere le braccia accanto agli elevatori seguendone la linea.
Queste sono le ragioni per le quali  è sconsigliabile volare sdraiati. Per coloro che invece volano con imbraghi con la staffa, come ad esempio i modelli Voody Valley X-Rated e X-Over, in condizioni di turbolenza è fondamentale mantenere una posizione del busto sufficientemente eretta e raccogliere le gambe incrociando i piedi.
Un altro degli aspetti fondamentali per la sicurezza, è l'appropriata conoscenza del pilotaggio della nostra vela, in particolare la sua escursione dei freni.
E' un aspetto importante e sottovalutato, la maggioranza dei piloti non abbassa i comandi oltre l'altezza dei loro fianchi perché sentono che il freno diventa duro e ritengono che sia pericoloso. Il problema reale, invece, è proprio non sapere che cosa succeda oltre questo limite. E' una carenza di molti piloti ed anche di troppi istruttori. In Francia abbiamo strutturato dei corsi specifici di pilotaggio, durante i quali s'insegna che cosa succede quando si portano i freni più in basso dei fianchi. Il problema, non sta nel fatto di abbassare troppo i freni, ma nel fatto di rimanere per troppo tempo con i freni trazionati quasi a fondo. Spesso si parla solamente di escursione dei freni, ma non del tempo di trazionatura.
Volando a piena velocità è possibile abbassare repentinamente un comando fino al punto di stallo, rilasciandolo però istantaneamente, con la certezza che non accadrà nulla, perché non si tratta di un movimento aerodinamico e non c'è riduzione della velocità; ma se stiamo volando con i freni molto tirati ed abbassiamo un comando, la cosa può essere molto pericolosa.
L'obiettivo di questi corsi di pilotaggio non è quello di imparare a gestire i collassi, ma di familiarizzare con l'escursione dei comandi. In questi corsi vengono poi eseguite anche tutte le usuali manovre di SIV, ma per prima cosa s'insegna l'escursione dei freni. Le vele moderne, sono ormai in grado di risolvere autonomamente i collassi, anche le moderne vele performanti, sono in grado di tornare al volo rettilineo autonomamente anche se con più rotazione e perdita di quota (attenti alla distanza dal terreno).
Probabilmente il problema più grosso delle vele moderne, è invece la loro neutralità in spirale (ndr: tendenza a rimanere in spirale ed a non uscirne in modo autonomo, configurazione di volo comunemente chiamata spirale stabile); l'instabilità in spirale (ndr: la vela accelera anche al rilascio del comando), è invece un'evenienza improbabile, è possibile che alcune vele da competizione abbiano questo comportamento, ma è logico che il loro pilota abbia un bagaglio d'esperienza che includa il modo per uscirne. Per concludere il quadro, diciamo che con il termine di stabilità in spirale, si indicano invece le vele che riprendono il volo rettilineo al rilascio del comando.
E' importante essere coscienti del fatto che la nostra vela, pur essendo stabile in spirale, può diventare neutra se stringiamo o allarghiamo troppo il pettorale. Per un pilotaggio corretto è indispensabile avere una leggera instabilità del proprio imbrago; le misure d'omologazione per le taglie S, M, L, sono rispettivamente 38, 42, 46 centimetri. Non è un problema se il pilota preferisce volare con il pettorale molto aperto, l'importante è che
sia cosciente del fatto che il comportamento della sua vela può cambiare.
E' anche frequente il caso in cui vele con un comportamento corretto a -8 metri il secondo, mostrino una certa neutralità se portate a ­15 o ­20. Per questo scopo, bisogna imparare in modo progressivo il pilotaggio in spirale, ed occorre un buon allenamento a questa manovra. Ponendo attenzione ad esercitarsi in condizioni fisiche ottimali.
Nel caso in cui la vela abbia un comportamento neutrale in spirale (non esce autonomamente) è indispensabile un'azione da parte del pilota per uscirne. In questo caso dimenticate la tecnica di spostare il peso, perché non è efficiente.
Non siamo in termica, si tratta di una spirale trattenuta. Per uscirne ci sono due metodi: la trazione del comando esterno oppure una trazione simmetrica di entrambi i comandi. Ma il problema è che trazionando il comando esterno, questo è talmente duro che non riuscite ad abbassarlo, proprio perché non avete acquisito quella percezione sulla durezza dei comandi trazionati oltre i vostri fianchi. La differenza sta nel fatto che quello sforzo che prima sentivate all'altezza dei fianchi ora c'è a comando appena tirato. Non è impossibile da trazionare, è solamente una situazione nuova per voi.
E' molto importante conoscere bene le sensazioni dei comandi affondati fino al prestallo, perché sarete in grado di ricondurre queste sensazioni alla durezza del comando da abbassare per uscire dalla spirale stabile.
Non sarà possibile uscirne cercando di trazionare gradualmente il comando, lo sforzo è tale che non si riesce a trattenerlo, perciò è necessaria una trazione repentina (un affondata istantanea) di almeno 20-30 cm ed un successivo rilascio. Le vela che è entrata in una spirale stabile, sostanzialmente si trova in una situazione di equilibrio, questo colpo di comando, ha lo scopo di rompere questo equilibrio. La stessa cosa dovrà essere fatta con la frenata simmetrica, non si tratterà di una trazione graduale ma di un'affondata decisa e veloce. Dopo di ciò, sarà comunque necessario pilotare gradualmente la vela fuori della spirale per evitare le pendolate.

Gerom Canaud

TORNA